Proseguiamo con la rubrica New York Tales.

Ringraziamo di cuore il giornalista Alberto Bruzzone, autore del blog New York Tales su fb che trovate QUI, per concederci di ripubblicare i suoi racconti newyorkesi. E’ un narratore con una vena straordinaria, un cercatore di storie, un italiano che ama la Grande Mela e che ne racconta  le mille e mille storie. Noi ne selezioniamo qualcuna soprattutto collegata in qualche modo alla cultura italiana, ma se volete leggerle  tutte non dovete fare altro che seguire la sua pagina fb il giovedì e la domenica, sono meravigliose e vi faranno innamorare. 

ADDIO AD ARTURO, IL TORO HA PERSO IL SUO PAPÀ  (di Alberto Bruzzone, New York Tales)
Un anno fa se ne andava da questo mondo Arturo Di Modica, uno degli italiani di maggiore successo di sempre negli Stati Uniti, in particolar modo a New York.
Mi fa piacere riproporre il suo ricordo.
Suo e del suo immortale Charging Bull, il Toro di Wall Street.
21 FEBBRAIO 2021
“Non potremo metterci più di cinque minuti”.
“Ma cinque minuti è impossibile”.
“Se ci mettiamo più di cinque minuti, finiremo arrestati, e addio installazione. Ora e per sempre. E io mi sarò fatto un culo così per niente”.
“Ma Arturo, hai fatto una scultura da tre tonnellate e mezzo, non è che stiamo parlando di una panchina o di un alberello”.
“Ragazzi, ce la dobbiamo fare. Chi è dentro, è dentro. Chi è fuori, è fuori”.
“Ce l’hai un piano?”.
“Sì, ho studiato tutto. La ronda della polizia passa davanti a Wall Street ogni otto minuti. Se noi entriamo in azione subito dopo che è passata, quando sarà ripassata ce ne saremo già andati”.
“Noi non vogliamo finire in gabbia”.
“Nessuno finirà in gabbia. Seguitemi, fidatevi e nessuno finirà arrestato”.
Gli amici di Arturo si fidarono, e quella notte del 16 dicembre 1989 riuscirono nell’impresa. Portare una scultura di bronzo di tremila e cinquecento chilogrammi di peso davanti al palazzo della Borsa di New York, senza che nessuno se ne accorgesse.
Lui, lo scultore di origini siciliane, si chiamava Arturo Di Modica. Nato a Vittoria, in provincia di Ragusa, il 26 gennaio del 1941, si era trasferito a New York nel 1973, dopo aver studiato e aperto il suo primo laboratorio a Firenze. Giunto a Manhattan, aveva inaugurato un atelier a Crosby Street, nel quartiere di Soho.
Lavorava bene, e lavorò moltissimo, così divenne in poco tempo una delle personalità di spicco della città. Famoso, acclamato e anche ben pagato. Talmente ben pagato che, nel 1989, anche per sdebitarsi in qualche modo con quella città che gli aveva assicurato tutto quel successo, decise di realizzare una scultura interamente a sue spese, e di donarla, facendo una performance d’arte contemporanea con la sua opera d’arte contemporanea.
Il ‘Charging Bull’, un enorme toro pronto a caricare, gli era costato qualcosa come trecentosessantamila dollari. Erano mesi difficili, per l’economia americana e, in particolare, per la Borsa di New York. Così Arturo aveva pensato di realizzare un simbolo del riscatto, perché ormai si sentiva newyorchese a tutti gli effetti, e voleva dare un segno forte, concreto e indubbiamente gigantesco di resistenza, alla città che così amorevolmente lo aveva adottato.
Scolpì, scolpì e scolpì. E non lo disse praticamente a nessuno, se non a una ristretta cerchia di amici. E questo perché nella sua testa il disegno era già chiaro sin dall’inizio. Il toro di Wall Street sarebbe dovuto comparire di fronte alla New York Stock Exchange come se d’improvviso fosse atterrata una navicella di alieni.
Un attimo prima, il nulla. Un attimo dopo, il tutto.
Ci voleva estrema organizzazione, ci voleva un piano dettagliatissimo, ci volevano persone capaci di stare dalla sua parte.
In tutto e per tutto.
Ci volevano, soprattutto, mezzi adeguati.
Scelse la data del 16 dicembre, scelse quaranta persone pronte a seguirlo fino alla morte, noleggiò un tir e una gru, aspettò che i due agenti passassero davanti all’ingresso della Borsa e con una rapidità fulminea scattò l’azione. Era la prima volta, non avevano certamente potuto provarla in precedenza.
Spostarono l’albero di Natale, la gru sollevò il toro da tre tonnellate e mezzo e lo posò in mezzo alla piazza.
In meno di quattro minuti.
Ne restava ancora uno.
Arturo risalì sul camion, prese una bottiglia di champagne e la stappò. Se la scolarono in tutta fretta, poi sparirono dietro l’angolo, per vedere la faccia degli agenti di sicurezza.
Che rimasero a dir poco allibiti.
Il giorno dopo, del ‘Charging Bull’ parlava già tutta la città. Arturo Di Modica rivendicò la paternità del gesto, attraverso alcune lettere lasciate nelle cassette dei quotidiani di New York.
Il direttore della Borsa s’incazzò come una belva, forse anche più del toro stesso.
Il sindaco di New York, Ed Koch, s’incazzò come una belva, forse anche più del toro stesso.
Arturo fu convocato d’urgenza e gli fecero un’immensa lavata di capo, con relativo verbale. Lui se ne fece un baffo, pagò i cinquecento dollari di sanzione e disse che avrebbe spostato il ‘Charging Bull’, nuovamente a sue spese.
Ma non disse dove.
La notte successiva, con gli stessi uomini e compiendo la stessa operazione, lo posò a Bowling Green, dove si trova ormai da trentadue anni. Nessuno ebbe più il coraggio di dirgli nulla, nessuno glielo fece più spostare, perché nel frattempo Arturo Di Modica era diventato una celebrità e tutta l’opinione pubblica si era schierata a difesa della sua opera d’arte.
Oggi, il toro di Wall Street è ancora lì, visitato più dell’Empire State Building e appena un poco meno della Statua della Libertà.
Chi manca, ormai da un anno, è il suo papà.
Arturo se n’è andato il 20 febbraio 2021, all’età di ottant’anni, stroncato da una lunga malattia. Era tornato a casa, nella sua Vittoria, ma sempre con la testa a New York.
Anche il Charging Bull versa lacrime per lui.
Addio, mister Arturo.
Comunque sia andata la vita, hai scritto una pagina di storia.
PAGINA FB DEL TORO DI WALLSTREET
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