Il museo che non ti aspetti: la necropoli della via Portuense al Drugstore Museum

da | Mar 26, 2022 | 0 commenti

Visita guidata con Penelope il 27 marzo 2022 alle 10.30

“Nel cantiere è in corso uno sbancamento con mezzi meccanici, per la costruzione di 4 villette. Si nota, ai piedi della parete tufacea… la parte superiore di un colombario scavato nel tufo, e quasi completamente interrato. Si vede la volta a sesto ribassato, dalla quale l’intonaco e’ quasi completamente caduto… Nella parete di fondo si notano resti di intonaco dipinto (fondo grigio, fiori paonazzi). Sulla parete di sinistra si vede appena la parte superiore di una porta o arcosolio. Una parte del colombario e’ stata certamente demolita durante l’attuale sterro” (Emanuele Gatti, 14 aprile 1966)

A poche centinaia di metri dalla nostra associazione c’è un’area archeologica di grande interesse: una parte della necropoli dell’antica via Portuense romana.

La via Portuense nacque tardi rispetto le altre strade romane, perché per andare verso il porto di Roma si usava almeno dall’epoca etrusca la via Ostiense: nel IV secolo a.C. quando fu fondata la città di Ostia prese il proprio nome da Ostium che significa, letteralmente, foce di fiume.

Ma quella foce tendeva a interrarsi, il porto si restringeva e così l’imperatore Claudio (regnante dal 41 al 54 d.C.) fondò il suo nuovo bacino portuale dall’altro lato del Tevere: nacque Porto e con esso la via Portuense.

Come lungo tutte le vie che uscivano da Roma, anche qui nacque una serie di sepolcreti: la legge romana impediva infatti la sepoltura dei defunti dentro l’abitato – in fondo anche oggi è così, per ragioni sanitarie – quindi le persone compravano un pezzetto di terra e si costruivano la propria tomba. Poteva essere un importante mausoleo con tanto di sarcofagi oppure un semplice colombario dove mettere le ceneri dei propri defunti: per i romani la scelta di come seppellire i morti non era legata a motivi religiosi, ma semplicemente pratici. 

Non era raro che persone che avevano una famiglia piccola o pochi soldi si associassero tra loro per categoria di mestiere oppure in un collegio funeraticio, cioè una associazione che metteva insieme i soldi per avere una sepoltura dignitosa benché collettiva: spesso si trattava di piccoli artigiani e commercianti, plebei e non di rado anche liberti – vale a dire schiavi liberati – che avevano qualche attività professionale.

La necropoli della via Portuense serviva di sicuro gli abitanti della XIV regio augustea, l’antica Transtiberim – il quartiere di là del Tevere – all’incirca l’attuale Trastevere: le persone che vivevano lungo il fiume erano spesso impegnate nei mestieri del fiume stesso, dai barcaroli a quelli che facevano corde e funi, fino agli scaricatori di porto, i trasportatori che dal porto distribuivano nei magazzini e in città e così via.

Ecco, la necropoli Portuense ritrovata a partire dal 1966 racconta proprio di queste persone: ci sono tombe più dignitose e più semplice, in totale quattro edifici ritrovati in ottimo stato di conservazione almeno all’interno; all’esterno dovevano avere una qualche decorazione di cui parla l’archeologo Nibby già nel 1823, che però è stata rubata chissà quando. 

Delle quattro tombe una è proprio un colombario,  altre erano ad inumazione con i sarcofagi: in uno di essi fu trovata anche una bambina con i suoi piccoli gioielli. Sarcofagi e oggetti di pregio si trovano oggi al Museo Nazionale Romano, mentre gli altri ritrovamenti sono esposti nel Drugstore Museum. Una delle tombe apparteneva certamente ad una famiglia allargata: i nomi graffiti sulle pareti ci raccontano dei famigliari e dei loro schiavi e liberti , dato che le famiglie si occupavano di dare sepoltura a tutte le persone che gravitavano per qualche ragione attorno alla casa. 

Ad esse si aggiunge un ritrovamento proveniente da una zona poco lontana: una tomba di un guerriero ritrovata alla Muratella. Il guerriero però visse tra il 3200 e il 2700 a.C. e fu sepolto in posizione fetale con le sue punte di freccia. Ritrovata durante un saggio di scavo di archeologia preventiva, la tomba è stata trasportata nel museo con tutto il terreno intorno: data la natura argillosa si è conservata la traccia della lettiga di legno su cui il corpo era poggiato, il che ci fa capire che era una persona di rango nel suo nucleo umano, una piccola tribù di cacciatori e raccoglitori che occupava ben prima dei romani le zone lungo del sponde del Tevere. 

L’intera area archeologica fu scavata a partire dagli anni Ottanta del Novecento e poi di nuovo fu sistemata a partire dal 2015 nel basamento di un palazzo proprio all’altezza dell’ospedale San Camillo, in prossimità del viadotto di via Maiorana. Proprio in questa occasione accadde un grave fatto di cronaca che ha trovato da poco la sua conclusione giudiziaria. Un ristoratore che aveva la sua proprietà a fianco all’area archeologica si ritenne danneggiato dalle recinzioni di cantiere: iniziò prima con il minacciare le archeologhe che si trovavano sul posto, poi con un complice appiccò il fuoco al cantiere. I danni distrussero una parte del materiale archeologico che su trovava nel container all’esterno del cantiere. Individuati dai carabinieri l’uomo e il suo complice sono stati processati e condannati in via definitiva a luglio del 2021: due anni e quattro mesi, più una multa salata di risarcimento danni alle due archeologhe minacciate sul lavoro. 

Un’ultima piccola curiosità: oggi l’area archeologica è tenuta aperta da volontari ed è sotto la tutela della Soprintendenza di Roma, ma porta il nome di Drugstore Museum perchè quello spazio per un periodo fu occupato proprio dal primo Drugstore aperto H24 a Roma. Negli anni Novanta era una grande novità ed ebbe un certo successo prima dell’arrivo della grande distribuzione con tanti supermercati notturni. Anche chi scrive lo frequentava, facendo la spesa la notte e avendo la sensazione di trovarsi sul set di un film in cui i resti romani si vedevano in mezzo agli scaffali!

 INFO PRATICHE

Visita su permesso speciale

Prenotazione obbligatoria all’indirizzo artsharing.roma@gmail.com oppure via WhatsApp al 338-9409180 indicando nome e cognome di tutti i partecipanti. 

Quota visita guidata: 10 euro soci, 12 euro ospiti occasionali compreso noleggio radioguida.

Biglietto ingresso gratuito

Ulteriori info per partecipare alle nostre attività si trovano QUI

ATTENZIONE:  Green pass come stabilito di legge.