Liberty a Roma: il quartiere Coppedé

Visita guidata sabato 28 maggio 2022 alle 10.30.
Con Penelope Filacchione.
“Artis praecepta recentis / maiorum exempla extendo”
(“Rappresento i precetti dell’arte moderna attraverso gli esempi degli antichi“)
Un arco su via Dora – originariamente chiamata via Diagonale – porta su un pilastro questo motto ed immette in un paesaggio fiabesco: è il Quartiere Coppedé, che porta il nome del suo ideatore.
Siamo nel 1909, è stato appena approvato il piano regolatore di Sainjust di Teaulada, stretto collaboratore del sindaco Ernesto Nathan: un piano regolatore che segna i nuovi assi di sviluppo della città, ma anche le nuove tipologie edilizie del caseggiato e del villino. Si cerca di dare uno standard dignitoso al paesaggio della nuova capitale, si stabilisce l’altezza massima degli edifici, la quantità di verde che deve circondarli (ad esempio era circondata da un’aiuola la fontana di piazza Mincio), la larghezza delle strade tra gli uni e gli altri garantendo la giusta illuminazione ed aria alle abitazioni della borghesia, ma anche del ceto più povero.
Gino Coppedé (1866- 192), architetto fiorentino nato nella bottega di un padre intagliatore, era cresciuto nella vivacissima capitale toscana mentre si costruiva intorno al centro rinascimentale: si era formato alla scultura e alle arti decorative, al tempo indispensabili complementi per la nuova edilizia delle città del Regno d’Italia. Quando si candida per costruire in questo lotto romano di futura edificazione aveva già l’esperienza delle costruzioni liberty di Genova, dove aveva realizzato il cosiddetto castello Mackenzie per l’omonimo imprenditore britannico noto come mecenate e collezionista amante dell’Italia e delle arti.
Il progetto più importante di Gino Coppedè riguardava però la partecipazione alla ricostruzione di Messina dopo il drammatico terremoto del 1908, interrotta per le vicende belliche e ripresa dopo la Prima Guerra Mondiale.
Secondo quanto stabilito dal piano regolatore, Coppedé immagina ogni tipo possibile di edificio – dai villini ai palazzi e ai caseggiati intensivi – cercando di dare un gusto uniforme al quartiere anche se affidato a costruttori diversi per il finanziamento, tanto che alla fine si fonda un’apposita società di costruzione appaltatrice per tutti, la Società Anonima Edilizia Moderna.
Il progetto è geniale: se le forme rimandano ai castelli medievali, ai palazzi della Roma barocca, ai manieri spagnoli o alle fiabe inglesi – come la serie dei Villini delle fate – la tecnologia è tutta moderna. Le strutture usano il nuovo cemento armato – era stato brevettato nel 1867 – per cui sono previste possibilità di modifiche alle strutture interne con una grande varietà nella distribuzione degli ambienti, marmo e parquet per i locali di rappresentanza, mentre la maiolica è il prodotto di design industriale per i locali di servizio come le cucine con doppio acquaio in pietra (!) e i bagni presenti in tutte le abitazioni.
Le abitazioni sono divise all’interno per funzioni, i cui ambienti nella presentazione vengono definiti «Quartieri di ricevimento» e dei «Sacrari di vita privata»; nei palazzi il citofono metteva in collegamento con il portiere ed era presente il riscaldamento con i termosifoni di ghisa.
Addirittura ogni palazzo ha una rimessa per le automobili, tra i primi a Roma in assoluto a prevedere la necessità di custodire adeguatamente i nuovi mezzi di locomozione!
Nonostante la realizzazione di ogni singolo edificio fosse molto rapida, il tempo di completamento del quartiere fu molto lungo: fu completato ben oltre la morte dell’autore (1927) sotto la guida del genero Paolo Emilio André.
Se il Palazzo del Ragno ricorda moltissimo le architetture di Cabiria, il film girato da D’Annunzio e Pastrone nel 1913, il quartiere non piacque al Vate e neanche agli architetti del razionalismo: alla morte di Gino Coppedé, mentre tutti i giornali gli tributavano onori (aveva ricevuto titoli e cavalierato da Vittorio Emanuele III), gli Architetti con la A maiuscola si sdegnavano per tanta attenzione!
E pensare che Coppedé, amante del medioevo redivivo e del gusto favolistico, aveva in parte snaturato il proprio stile per compiacere l’estetica della ‘romanità’.
La critica degli intellettuali non impedì la scelta di residenti illustri: tra i primi acquirenti di un villino ci fu Beniamino Gigli, cui fecero seguito il barone di Avezzana, il marchese della Torretta, il senatore Rolandi – Ricci e il senatore Giacomo Acerbo: insomma, un quartiere nato borghese, ma che subito si faceva nobile per i suoi residenti.
Una storia a parte è quella del quartiere attuale: appartato e un po’ invidiato, sconosciuto anche a moltissimi romani, resta uno dei luoghi più affascinanti della città moderna.
Per la sua particolare architettura il Quartiere Coppedé è un set cinematografico perfetto: fu scelto da Dario Argento come sfondo per alcune scene di Inferno e L’uccello dalle piume di cristallo, quindi nel 1976 dal regista Richard Donner per le sequenze iniziali del film Il presagio. Tra i film girati nel quartiere si ricorda anche il film noir Il profumo della signora in nero del regista Francesco Barilli (1974), Il Cielo in una stanza di Carlo Vanzina (1999).
Coppedè al cinema piace parecchio: non a Roma, ma sul lago di Como si trova la villa La Gaeta dello stesso autore, che fa da sfondo a Casinò Royale, uno degli ultimi film di 007 con James Bond impersonato da Daniel Craig (2006).
INFO PRATICHE
Prenotazione obbligatoria all’indirizzo artsharing.roma@gmail.com oppure via WhatsApp al 338-9409180
Quota visita guidata: 10 euro soci, 12 euro ospiti occasionali compreso noleggio radioguida. Appuntamento all’angolo tra via Arno e via Tagliamento.
Ulteriori info per partecipare alle nostre attività si trovano QUI